venerdì 20 novembre 2009

Non c’è da Gheddafidarsi


Gheddafi decide di comprare Villa Certosa in contanti. Appena gli consegnano le chiavi, pianta la sua tenda in direzione di Punta Zappadu. Al posto dei cactus, abeti secolari norvegesi. Niente vulcano che erutta, ma un iceberg con cannone che spara in aria Bondi vestito da orso polare.

Mentre si rilassa nella piscina di acqua e menta, il colonnello libico sente una voce provenire dall’esterno: “Ti devi dimettere – urla Di Pietro al megafono – denungerò a Legambiente questo passaggio di cammelli e coccodrilli. Dove hai nascosto le veline, le farfalline, le chioccioline? Noi dell’Italia dei Valori non consentiamo altri crimini contro l’umanità!”.

Attirate dalle urla belluine, 200 hostess impellicciate di foca monaca escono nel patio. Di Pietro trasalisce: “Eccole, dunque, le tue schiave!”. “Ma quali schiave??” dice una voce tonante: è quella di Gheddafi, salito sul predellino della golf-car. “Se non te ne vai entro 10 secondi, ti faccio inseguire dai miei ghepardi. Sarai costretto a correre come quando, da contadino, entravi nel terreno del mazzadro per rubare i melograni che rompevi con la testa”.

“Va bene, di fronte a un nemico così, è onorevole arrendersi”. Di Pietro ritorna sui suoi passi, fiero di aver sfidato ancora una volta il suo mito: el Conducator de Arcore!

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